Si chiama Ponatinib il farmaco individuato tra 450, impiegati al momento per altri tumori, e valutato idoneo per la cura del Neuroblastoma. I risultati giungono dopo 10 anni di ricerche, sostenute dalla Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma, dallo studio “Riposizionamento Farmaci”, coordinato dal dottor Luca Longo, presso IST S. Martino – l’Università degli Studi di Genova. La ricerca, che ha visto coinvolti numerosi centri d’eccellenza italiani, proseguirà, anche per la fase di sperimentazione in Italia.
A conferma del valore dei risultati raggiunti, lo studio verrà pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Cancer Therapeutics. Ecco il titolo della pubblicazione e il team di ricercatori che ha collaborato: A high-content screening of anti-cancer compounds suggests the multiple tyrosine kinase inhibitor ponatinib for repurposing in neuroblastoma therapy. Viktoryia Sidarovich, Marilena De Mariano, Sanja Aveic, Michael Pancher, Valentina Adami, Pamela Gatto, Silvia Pizzini, Luigi Pasini, Michela Croce, Federica Parodi, Flora Cimmino, Marianna Avitabile, Laura Emionite, Michele Cilli, Silvano Ferrini, Aldo Pagano, Mario Capasso, Alessandro Quattrone, Gian Paolo Tonini, and Luca Longo.
«Il valore di questo studio e la sua pubblicazione, a breve a disposizione di tutti i ricercatori – sottolinea il professor Gian Paolo Tonini, direttore del Laboratorio di Ricerca della Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma – è importante perché condotto interamente da una squadra di scienziati italiani, a dimostrazione delle grandi capacità dei “cervelli” rimasti nel nostro paese, che lavorano tutti i giorni in condizioni critiche a causa dei sempre più risicati finanziamenti alla ricerca».
Che cos’è un progetto di “Riposizionamento Farmaci”?
«Questo tipo di ricerca si chiama di “Riposizionamento” – spiega il professor Alessandro Quattrone, del CIBIO di Trento – perché valuta l’efficacia, in questo caso sulle cellule di Neuroblastoma, di farmaci già usati in clinica per altre malattie, che si potrebbero dimostrare anche più attivi rispetto alla indicazione originaria. Questo tipo di studi è molto diffuso fra le industrie farmaceutiche, che purtroppo non sono propense a investire risorse su malattie rare, per noti problemi di penetrazione di mercato».
L’osservazione delle capacità del Ponatinib di bloccare la crescita del Neuroblastoma è stata accelerata dalle esperienze precedentemente maturate da alcuni dei ricercatori della squadra in progetti analoghi. La Fondazione Italiana per la Lotta Neuroblastoma ha finanziato, infatti, a partire dal 2008, il programma Genus – Farmaco Amico condotto dal gruppo del professor Alessandro Quattrone presso il CIBIO – Università di Trento, proprio indirizzato al “Riposizionamento Farmaci”.
In questi anni lo stesso gruppo di scienziati, sempre finanziati dalla Fondazione, ha già individuato e riposizionato per utilizzarlo nella cura del Neuroblastoma altri due farmaci: il Ciclopirox Olamina, usato attualmente come antibiotico antimicotico per il cuoio capelluto e come agente citotossico (Gruppo di studio del professor Alessandro Quattrone) e il Perhexiline Maleato, usato attualmente come farmaco anti-angina (Gruppo di studio del professor Aldo Pagano dell’Università di Genova).
Il team sta adesso lavorando anche a una nuova molecola con caratteristiche di tossicità nulla per l’organismo.
Pensando al trasferimento di questi risultati sul paziente, qual è il parere dell’oncologia clinica?
«Avere la possibilità di trovare nuove terapie utilizzando farmaci già usati in altre malattie – commenta il dottor Alberto Garaventa, pediatra oncologo presso l’Istituto G. Gaslini di Genova – ha un grande interesse, poiché questi farmaci sono già stati testati sui pazienti e quindi sono già noti gli effetti collaterali e il profilo farmacologico, e ciò accelera enormemente la possibilità di arrivare al letto del paziente con nuove cure più efficaci».
«Questo non esenta dalla necessità di una fase sperimentale clinica – conclude il professor Aldo Pagano dell’IST San Martino di Genova – che deve essere condotta con le dovute cautele ma, certamente, può ridurre i tempi e rendere disponibili associazioni che potenzino l’azione dei classici farmaci antitumorali senza aumentare la tossicità, o introducendo farmaci con meccanismi di azione diversa dai chemioterapici che possono essere somministrati con vantaggio anche per lunghi periodi di tempo»
Nelle foto i team dell’IST San Martino di Genova, del CIBIO – Università di Trento e del Laboratorio della Fondazione di Padova di cui fanno parte i ricercatori che stanno lavorando sul progetto di riposizionamento farmaci