Ognuno al suo posto
Nei mesi scorsi abbiamo parlato di quanto impressionanti siano le cellule e i loro processi interni, così complicati ed efficaci da farci sembrare dei principianti. Oggi continueremo a sorprenderci parlando di come le cellule si sviluppano e si organizzano in un corpo multicellulare come il nostro.
Per noi essere umani tutto inizia dallo zigote: la singola cellula uovo della donna fecondata dalla cellula sperma dell’uomo. Questa cellula comincia a dividersi in due e ancora in due… fino a formare una moltitudine di cellule sempre più varia, ovvero fino a quando un bambino viene al mondo. Ancora una volta tutto si deve alle cellule e alla loro organizzazione, ai loro processi e all’informazione nascosta nel nostro DNA che condizionerà la maggior parte dei nostri caratteri fisici e psicologici. Purtroppo a volta degli errori accadono: noi tutti conosciamo i possibili problemi nella fase di sviluppo del nuovo bambino, ma dopo tutto quello che abbiamo visto forse dovremmo sorprenderci di quanto in realtà questi casi siano rari.
Guardate l’immagine qui a fianco: la crescita di un bambino è un tripudio della complessità della vita. Una singola cellula ha sufficienti informazioni nel suo DNA per generare un intero organismo! Pensate a che opera! Si devono produrre moltissime cellule, le si devono muovere nei posti giusti, si devono dare loro i compiti giusti al momento giusto, si devono formare le corrette strutture! Un’opera che richiede senza dubbio un po’ di tempo.
Entriamo ora più in dettaglio: quando parliamo di cellule in realtà di cosa parliamo? Per generare un essere umano servono moltissime cellule con funzioni, strutture e località completamente differenti. Si parla di oltre 10.000.000.000.000 di cellule in media in un essere umano, divise in moltissimi tipi diversi! Perché dire cellula non basta: parliamo di eritrociti, epatociti, linfociti, fibroblasti, adipociti o altro ancora? Ogni “famiglia” di cellule si trova in uno specifico ambiente con uno specifico ruolo.
Tutte queste cellule derivano dalla cellula “ancestrale”, lo zigote, che si è diviso in moltissime cellule “figlie” capaci a loro volta di generare ancora più “discendenti”. A ognuno di queste divisioni, le cellule diventano più specializzate nei loro ruoli, fino ad essere bravissime a fare le loro funzioni, ma poco abituate a fare un po’ di tutto. Questo processo di generazione di nuove cellule e di specializzazione in specifici ruoli avviene costantemente nei nostri corpi, quando le cellule staminali, le cellule “ancestrali” nascoste nel nostro corpo, producono nuove “figlie” che appunto andranno a specializzarsi nelle loro specifiche funzioni.
Ma perchè “produrre” cellule specializzate, quando potremmo avere tante cellule, tutte capaci di fare tutto? Semplicemente è più efficiente! Guardatevi attorno, pensate sia meglio avere molti specialisti (il fornaio, il calzolaio, il medico, il meccanico etc..) o avere molte persone che fanno tutto ma meno bene?
E perchè “produrre” cellule specializzate in continuazione? Perché la maggioranza di cellule, ahimè, non durano per sempre. Alcune durano solo alcune ore, mentre altre diverse settimane; in casi rari, alcune cellule molto specifiche durano una vita intera. In generale le nostre cellule, qualsiasi sia il loro ruolo, sono piccoli esseri viventi che danno il massimo delle loro energie finchè non invecchiano e cominciano a fare errori ed essere meno efficienti. É proprio in questi momenti che molte muoiono o addirittura vengono uccise per far spazio “ai giovani”.
Ebbene sì, viviamo in una comunità e siamo una comunità fatta di cellule uguali ma diverse, che collaborano e si dividono. Lavorano fino alla fine, in un ciclo infinito che ci tiene in vita e ci fa scoprire il mondo. Ma le cellule non devono solo saper ubbidire alle regole dell’organismo per farlo funzionare, devono anche saper prendere decisioni singolarmente, a volte banali ma così fondamentali come decidere di vivere o morire. È questo che vedremo nel prossimo articolo: una cellula tra tante, come può essere indipendente e insieme ‘collaborativa’.
Marco Dalla Vecchia