La traversata in mare: viaggio immaginativo per rileggere il proprio percorso di cura

All’onco-ematologia del Gaslini un progetto di medicina narrativa come “allenamento emotivo” per i piccoli pazienti

Intervista Canepa Genova, 16 dicembre 2021 – Il modellino di una barca può diventare molto più di un gioco se si incoraggia l’immaginazione e se il mare davanti al reparto di un ospedale stimola i sensi. Così, da pochi elementi a disposizione nelle stanze dell’onco-ematologia del Gaslini a Genova, nascono nuove “mappe” mentali per riconsiderare la propria esperienza di malattia. Il mare e tutte le “componenti” del percorso di diagnosi e cura concorrono alla definizione immaginaria di una “traversata” in mare con protagonista il capitano di turno, i piccoli pazienti col compito di approdare al porto di arrivo, la guarigione, il ritorno alla “normalità”.

La diagnosi diventa quindi il porto di partenza; il reparto è la barca a vela che deve condurre a destinazione; il personale medico, infermieristico e riabilitativo è l’equipaggio sempre al fianco del suo capitano; i genitori sono i compagni di cabina; i delfini sono la rete delle relazioni parentali e d’amicizia.

Questo viaggio talvolta si complica per via del mare mosso e dei venti forti come quando bisogna fare i conti con situazioni di tossicità e nausea. E non mancano spiacevoli cambi di rotta come nei casi di recidiva. Ma a fronte di tutto questo, ci sono le risorse personali, il coraggio, l’àncora da recuperare giù nei fondali più profondi per superare le “notti senza stelle”.

Sullo sfondo ci sono sempre le “bussole” dell’aiuto psicologico per trovare nuove chiavi di interpretazione del proprio vissuto. Col risultato che anche i farmaci possono diventare alleati di questo cammino: gli antidolorifici, per esempio, si trasformano in scialuppe di salvataggio. Mentre le maestre sono il “salvagente” utile come tutte le altre figure di sostegno per non perdere di vista la rotta.

In questo viaggio entrano in gioco la fantasia e la forza evocativa delle parole per scrivere questo particolare “diario di bordo”. La narrazione come strumento di comunicazione diventa quindi centrale nel processo di cura: è la cosiddetta “medicina narrativa” tradotta in questo caso in metafora tra il mondo del mare e la vita.

La “traversata” è un progetto portato all’onco-ematologia del Gaslini da due libere-professioniste sensibili sia alla dimensione dell’assistenza, sia alla necessità di aiutare la ricerca scientifica come fa l’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma: si tratta delle psicologhe e psicoterapeute Monica Canepa e Viviana Vallega, entrambe di ABEO Liguria Onlus, Associazione Ligure del Bambino Emopatico e Oncologico, impegnata a dare accoglienza ai bambini in cura all’ospedale genovese e alle loro famiglie e a offrire loro sostegno sul piano organizzativo, psicologico ed economico.

L’idea alla base del progetto è nata osservando il mare sul quale si affaccia il reparto di onco-ematologia del Gaslini. Questo strumento – spiega Canepa – “accompagna la comunicazione di diagnosi per i bambini e gli adolescenti attraverso la visualizzazione creativa che rinforza l’attivazione dei cinque sensi e conduce alla nascita di nuovi significati rispetto al proprio vissuto interiore”.

“La tua mente – prosegue la psicologa pensando al destinatario di questo percorso – immagina al momento della diagnosi di partire su una barca a vela che attraverso una lunga regata condurrà al punto di arrivo, la tua guarigione. Sei tu il capitano di questa regata, hai il tuo equipaggio vicino a te, rappresentato da medici, infermieri e dal personale riabilitativo”. Di più, “accanto a te ci sono mamma e/o papà che non si allontanano dalla cabina di regia”.

“Non di rado, la cambusa che racchiude uscite e occasioni di svago, si alternerà alle notti senza stelle in cui l’apatia, lo scoramento, la paura e l’ansia potranno tenere prigioniera la tua àncora, la custode delle tue abilità e delle tue competenze personali”. Ma “la traversata, nonostante tutto, continua”.
Attraverso la metafora il supporto psicologico diventa “un allenamento emotivo” e “i pazienti diventano più collaborativi e più aderenti alla terapia”. In pratica – spiega Canepa -, nel suo viaggio da capitano “il bambino diventa protagonista costruttivo della propria storia chiamato a tenere sotto controllo il mare grosso cavalcando la sua fantasia”.

“Tutto – osserva la psicologa – dev’essere però modulato rispettando il momento emotivo del bambino per capire se andare oltre o fermarci. L’obiettivo è lavorare sul concetto del ‘non ce la faccio’ recuperando le risorse smarrite negli abissi del mare”.
————————————————————————————————–
A cura di Francesco Ciampa, giornalista, ufficio stampa dell’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma; telefono cellulare 338-9988070